«Ero prigione e voi mi veniste
a trovare». A Pier Nolasco, andato al tribunale di Cristo circa settecento
anni addietro, Cristo dovette dir di più, indicandogli la sua destra: «Ero
prigione, ero schiavo, e tu mi liberasti». Egli lasciava sulla terra, sua eredità
e sua famiglia, un ordine religioso, Santa Maria della Mercede per la redenzione
degli schiavi, i cui membri, nell'impromettersi poveri, casti e ubbidienti, si legavano
ancora con un quarto voto: quello di darsi e restare in pegno, ove bisognasse, in
mano ai pagani per l'affrancazione degli schiavi.
Tanto, Cristo non chiese ai suoi seguaci con le parole, ma l'insegnò con l'esempio,
e imitar questo esempio voleva dire imitar Cristo, copiarlo, rassomigliargli, in
ciò ch'egli è più Cristo e per cui specialmente è Cristo,
cioè come redentore, come liberatore, mediante sostituzione, dei figlioli
d'Adamo schiavi in mano del diavolo. Holocaustum et pro peccato non postulasti:
(D'olocausti per il peccato non hai voluto saperne,» dice Cristo al Padre per
bocca di Davide; tunc dixi: Ecce venio, «allora ho detto: Vengo io».
Pier Nolasco ebbe questa tremenda, questa sublime ambizione di appaiarsi a Cristo
- in quanto a un uomo è possibile - nella carità verso gli uomini,
di farsi Cristo ai suoi fratelli facendo per i loro corpi ciò che il
Figlio di Dio aveva fatto per le loro anime, e se per questo non gli fu dato di morire,
le sue mani e i suoi piedi furono però segnati dalle catene, come dai chiodi
le mani e i piedi di Cristo.
Volle raggiunger Cristo, essere una figura di Cristo, e Cristo l'onorò di
questa sua volontà disponendo le circostanze della sua vita, e specialmente
della sua morte, in modo che non si potesse pensare a Pietro senza pensare a Cristo.
Della sua carità per il prossimo, della dolcezza che doveva spandere ovunque,
si vide come un presagio allorchè, lui bambino in culla, uno sciame d'api
gli volò sopra e compose nella sua destra un piccolo favo di miele.
I poveri cominciaron presto a gustare il sapore di quella destra. Ancor fanciullo,
la sofferenza lo attraeva più che non l'attraessero i giochi; il suo viso,
bello per natura e innocenza, diventava tutto un'allegrezza quand'egli poteva fare
a qualcuno elemosina, e, non contento di farla a chi tendeva la mano, la offriva
egli stesso a questo a quello andando per via. Se sognava, puerilmente, di possedere
ricchezze, la sua gioia era nel pensiero di spogliarsene per farne lieti molti poveri.
Perduti, ancor giovane, i genitori, e rimasto padrone di una discreta fortuna, la
ridusse tutta in denaro e il denaro diede tutto per il riscatto dei cristiani prigionieri
dei Saraceni. Fatto questo, si dolse di non poter mutare in denaro anche la propria
persona, e, dato ,via, al medesimo fine, anche ogni personale ornamento, la sua ambizione
fu di poter indossare, in luogo dei suoi fratelli, le catene dello schiavo.
Dio gradì il desiderio, e glielo rivelò, prodigiosamente, una notte
ch'egli studiava, pregando, come giovare agl'infelici che avevano intenerito il suo
cuore fin dal suo arrivo nella città di Barcellona, dove, fuggendo l'eresia
albigese, s'era rifugiato dalla Francia sua patria. Apparsagli in quello la Madonna
(al cui santuario in Monserrato aveva già sciolto un suo voto giovanile),
gli chiese, come cosa molto accetta a sè e al Figlio, ch'egli fondasse, a
onor di lei, un ordine religioso avente il fine principale di riscattare gli schiavi
dalle mani degl'infedeli.
Ubbidì, e l'Ordine fu fondato, l'anno 1218, il giorno 10 agosto, giorno conveniente
per la memoria di san Lorenzo, di lui che ai poveri, dato tutto il denaro, diede
anche i vasi della Chiesa, e dei poveri diceva al prefetto Cornelio: «Ecco
i nostri tesori».
Gli schiavi furono da questo giorno tutti i tesori dì Pier Nolasco, tesori
amati con un amore, senza misura, cercati con cupidigia d'avaro, anteposti al riposo,
alla libertà, alla vita. Il desiderio giovanile di poter vendere, a pro di
essi, anche la propria persona era finalmente esaudito, e se la sua gioia non fu
piena, se gli rimase un rincrescimento, fu di aver solo una persona da barattare,
di non essere tante volte se stesso quant'eran gli schiavi da liberare.
Ma già un'ampia famiglia, creata e governata da lui, gareggiava con lui nel
gareggiare con Cristo, il quale, come fu scritto ai Filippesi, «essendo Dio...
prese l'aspetto di schiavo» per render noi liberi... Erano quasi quarant'anni
che egli reggeva questa singolare famiglia, alternando con le catene servili le insegne
della sua autorità, quarant'anni che mercanteggiava dagl'infedeli i tesori
cui la ruggine e la tignola non nuocciono, allorchè Dio gli svelò che
la sua carriera di redentore era al termine.
Inetto già per vecchiaia, e ora per malattia sopraggiuntagli, a portar catene,
o a giovare a chi le portava, altrimenti che con la parola, di questa si serviva
ancora negli ultimi istanti della sua vita, raccomandando ai suoi figlioli spirituali,
circondanti il suo letto, la carità verso i poveri schiavi, quella carità
che formava la loro particolare vocazione, e la vocazione fra tutte quante più
alta, giacchè «non v'è maggior carità di chi pone la sua
vita per i suoi amici». Era la vigilia del Natale, della grande carità
di Dio verso gli uomini che si chiama Redenzione, e che il morente aveva emulato
legando alla «redenzione » degli schiavi sè e l'Ordine da sè
fondato. Era vicina la grande ora. Cessato di parlare ai figli, di raccomandar loro
gli schiavi, il vecchio si rivolse a parlare a Dio, levando nelle note del salmo
centodieci la sua voce di cigno: Confitebor tibi, Domine, in toto corde meo...:
«Io ti darò lode, Signore, con tutto il mio cuore, nella riunione dei
giusti su nella loro assemblea. Grandi le opere del Signore... splendore e magnificenza;
e la sua giustizia, eterna... Misericordioso e compassionevole è il Signore...
Ha mandato al suo popolo la Redenzione...»
Redemptionem misit populo suo... «Arrivato a queste parole, »
così il Breviario, «rese a Dio lo spirito, nella mezzanotte sulla Natività
del Si gnore., l'anno milledugentocinquantasei». Così Dio l'onorava
anche in cospetto degli uomini: il liberatore dell'anime e il liberatore dei corpi
avevano un medesimo natale; la festa di Cristo s'incontrava e si confondeva con la
festa di Pietro - come, nella persona dello schiavo, s'erano incontrate e confuse
le loro persone.
Ma non posson splendere insieme la stella e il sole: per quanto luminosa la stella,
il sole la vincerebbe se si mostrasse insieme a lui. E così la celebrazione,
il «natalizio» di Pier Nolasco, del redentor degli schiavi, è
differito dalla Chiesa, che al Redentore supremo ha in quel giorno tutta la sua mente
e tutto il suo cuore. Assuefatto in vita (in questa che chiamiamo vita) a cedere
agli altri, a sacrificarsi per gli altri, ecco ch'egli ha ora la gioia dì
cedere a Cristo, di sacrificarsi per Cristo.
Il suo posto, che sarebbe nel primo giorno della stagione natalizia, si trova invece
sulla fine, al trentuno gennaio, quasi a riassumere, con l'insegnamento della sua
vita, il senso di tutta la stagione, il senso dell'opera divina; a rammentarci, lui
ombra di Cristo, lui redentore di schiavi, che cosa significhi Redenzione, che cos'abbia
fatto Cristo per noi; nè questo soltanto, ma anche ciò che dobbiamo
far noi per Cristo, in noi e fuori di noi, onde la Redenzione frutti tutto il suo
frutto. «Siate imitatori di me», par ch'egli ci dica con Paolo, «come
io di Cristo». Cioè: siate redentori, come siete redenti; siate Cristi,
come siete cristiani; siate seme, come siete frutto... La Redenzione non è
dono per poltroni, non è ricchezza per infingardi, non è banchetto
per avari. La Redenzione, il regno dei cieli, è come un mercante che traffica,
è come un servo, che s'industria e fa di cinque dieci talenti, è come
una donna che fa il pane, è come un re che fa nozze e vuol piena la sala di
convitati. La Redenzione è magnificenza, non grettezza; è vita, non
cristallo; è moltiplicazione, non conservazione; è fecondità,
non sterilità. La Redenzione è un fuoco portato dal cielo in terra:
e che cosa vuole se non essere acceso?
Questo par ci ricordi, d'in cima al tempo natalizio, l'umile Pietro Nolasco che bramò
d'aver molte vite per redimer tutti gli schiavi.