IL PANE SOTTO LA NEVE
XXXVII - I BRENTANI E L'AGNELLO

Il prete di Brento non è un minchione. Già, se fosse un minchione, non sarebbe venuto a Brento, che sicuramente è un posto di furbi se per distinguerlo da un altro Brento d'in giù, detto Brentosanico, lo chiaman Brento la Golpe. Il prete, dunque, di Brento non è minchione: sa dir messa e cantarla, spiega il vangelo che si sta a bocca aperta a sentirlo, predica di qua e di là, che tutti lo vogliono, suona l'organo ch'è un desio, e per di più è anche pittore. Vuol dir poco, per una chiesa, specie di montagna, avere il prete in oltre a tutto pittore? Il prete di Brento è in oltre a tutto pittore. Peccato che la chiesa sia così piccola e i muri tutti occupati dall'altre immagini, fatte chissà quando e da chi! I Brentani, che per lodare agli altri popoli le altre virtù, oratorie, vocali e musicali, del loro prete possono dir semplicemente «l'avete sentito», non posson dir con la stessa forza «l'avete visto» allorché si tratta di esaltarne, il talento pittorico. E tuttavia anche questa dote del prete di Brento è conosciuta negli altri popoli, e se ne parla e se ne parla, non per più che una figura, per un affresco fatto da lui nella parete del coro, che rappresenta... Attenzione! Non vi venga mai fatto, se andate a Brento o parlate con i Brentani, di dir che quella figura dipinta dal loro prete nell'abside della chiesa rappresenta un agnello! Vi rendereste nemico il popolo e correreste il pericolo di serbarne un brutto ricordo.
Che cosa rappresenta dunque? Eh, sì, per dir la verità essa rappresenta un agnello, e l'intenzione del pittore fu proprio quella di rappresentare un agnello, l'agnello mistico di cui ragionan le carte sacre e che si vede raffigurato in quasi tutte le chiese.
Nella chiesa, dunque, di Brento, la figura del santo agnello mancava, e il pastore, per commovere anche con quel simbolo la pietà delle sue pecore, pensò di farcela. Fu così che i Brentani videro per diversi giorni, ne' primi dell'anno, la parete del loro coro, durante le funzioni, coperta in alto da una piccola tenda, da' cui lati sfuggivano certi freghi di carbone nei quali neppur la loro golpesca finezza avrebbe potuto certo fiutare la punta di una coda o di un muso di agnello. L'agnello si vide, intero, con la sua croce e lo stendardo attraverso la spalla, la mattina di Sant'Antonio, la festa più solenne di Brento, che onora il protettor delle bestie come suo titolare. Al vangelo, il prete fece il suo discorso d'occasione, e, bravo com'è, trovandosi già nel deserto col santo abate, seppe anche rintracciarvi, fra molti altri eremiti, quel grande eremita che vestiva di peli di cammello, si nutriva di locuste e miele selvatico, e che esclamò vedendosi venire incontro il Messia: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit... Così dicendo, l'oratore volgeva come inavvertitamente la mano verso la figura dell'asside, per attirarvi gli sguardi dei fedeli e far capir loro che cosa rappresentasse.
Quanto ad attirare sulla pittura gli occhi dei popolani, non ce n'era veramente bisogno: dall'introibo all'ultimo deograzias i Brentani non fecero che guardare in su; con che sugo poi per il pittore, si vide dopo la messa.
Detto messa e fatto il ringraziamento, il prete, prima di pigliare il caffè, uscì un poco sulla piazzetta, davanti alla chiesa, per... si sa, per sentire un po' che cosa si dicesse del suo lavoro e... coglier gli allori. Aggruppati intorno alla porta, attraverso il cui vano si vedeva tutto l'interno, i Brentani guardavano ancora, a bocca aperta, l'opera del loro pastore; ma quando videro arrivare il prete, il gruppo si aperse... «Facciamo un evviva» - fu il capo del popolo che parlò, dico il personaggio più importante di Brento la Golpe - «facciamo un evviva al nostro signor priore che ci ha dipinto un così bel cavallino
Il prete rimase senza fiato. A lui gli pareva proprio di aver dipinto un agnello.
Gli pareva ed era. Come difatti i forestieri, venuti alla festa a Brento, domandarono chi avesse fatto, nella parete del coro, quel bell'agnello che l'anno avanti non c'era.
«Fatto, l'ha fatto il nostro prete, che voi sapete quant'è bravo, ma un agnello non è: è un cavallo». Così rispondevano a tutti quanti i Brentani; e un po' la compiacenza per quegli elogi al loro prete, elogi che ridondavano anche a gloria del popolo, un po' forse l'aria di gennaio, impedirono che il dissenso degenerasse come succede in discordia, che l'agnello, simbolo di pace, diventasse causa di guerra.
Ma, passata che fu la festa, il prete riappoggiò la scala al muro del coro, vi montò sopra, col suo pennello e le sue tinte, e... non crediate, no, che desse di frego al suo lavoro: lo corresse, o per meglio dire accentuò nella figura i connotati dell'agnello arrotondando maggiormente la testa, il collo, la groppa, la coda, spianando di più gli orecchi, allargando la fessura dei piedi, rendendo in tutto più mansueto, cioè più pecora e meno puledro, il mansuetissimo animale. Finalmente, volle che la figura parlasse da sè, dicesse da sè chi era e chi non era, e non volendo addirittura dipingergli un be in atto di uscirgli dalla bocca, disegnò dal muso alla coda, una per disopra alla schiena, l'altra per disotto alle gambe, due strisce o nastri su cui scrisse ben visibili le parole di san Giovanni: Ecce agnus Dei eccetera eccetera.
La domenica dopo, alla messa, i Brentani eran daccapo con gli occhi in su; e dopo la messa... Dopo la messa il prete non ebbe bisogno d'uscir sul sacrato per saper l'effetto della predica: i Brentani stessi andarono a dirglielo in sagrestia, e non so se gli lasciassero almeno il tempo di spogliarsi... «Signor priore, » e ridevan tutti, con un risolino di compiaciuta malizia, «vengano un po' ora a dir che in coro non c'è dipinto un cavallo, ora che gli ha fatto anche le briglie...» E se non era per rispetto del luogo, l'avrebbero applaudito di nuovo, magari con più forza della prima volta.
Benchè non abbia più portato in chiesa un pennello, il prete di Brento è celebre, anche negli altri popoli, come pittore. Più celebri, veramente, sono, per via di quella pittura, i Brentani. «Che cosa fai, bambino?» domandate a un ragazzetto di quelle parti intento a badar le pecore. E il birichino è capace di rispondervi, specialmente se si trova con un compagno: «Paro i cavalli ... A Brento le chiaman così, a Brento la Golpe...»
Imparan dai grandi, i quali ti vanno, mettiamo, dal maniscalco con una bestia da soma, e gli dicon pari pari che quell'agnello ha perso un ferro, «oh, acciderba ai Brentani!»

Testo tratto da: TITO CASINI, Il Pane sotto la neve, Firenze: LEF, 1935/2, pp. 263-268.


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