Il prete di Brento non è
un minchione. Già, se fosse un minchione, non sarebbe venuto a Brento, che
sicuramente è un posto di furbi se per distinguerlo da un altro Brento d'in
giù, detto Brentosanico, lo chiaman Brento la Golpe. Il prete, dunque, di
Brento non è minchione: sa dir messa e cantarla, spiega il vangelo che si
sta a bocca aperta a sentirlo, predica di qua e di là, che tutti lo vogliono,
suona l'organo ch'è un desio, e per di più è anche pittore.
Vuol dir poco, per una chiesa, specie di montagna, avere il prete in oltre a tutto
pittore? Il prete di Brento è in oltre a tutto pittore. Peccato che la chiesa
sia così piccola e i muri tutti occupati dall'altre immagini, fatte chissà
quando e da chi! I Brentani, che per lodare agli altri popoli le altre virtù,
oratorie, vocali e musicali, del loro prete possono dir semplicemente «l'avete
sentito», non posson dir con la stessa forza «l'avete visto» allorché
si tratta di esaltarne, il talento pittorico. E tuttavia anche questa dote del prete
di Brento è conosciuta negli altri popoli, e se ne parla e se ne parla, non
per più che una figura, per un affresco fatto da lui nella parete del coro,
che rappresenta... Attenzione! Non vi venga mai fatto, se andate a Brento o parlate
con i Brentani, di dir che quella figura dipinta dal loro prete nell'abside della
chiesa rappresenta un agnello! Vi rendereste nemico il popolo e correreste il pericolo
di serbarne un brutto ricordo.
Che cosa rappresenta dunque? Eh, sì, per dir la verità essa rappresenta
un agnello, e l'intenzione del pittore fu proprio quella di rappresentare un agnello,
l'agnello mistico di cui ragionan le carte sacre e che si vede raffigurato in quasi
tutte le chiese.
Nella chiesa, dunque, di Brento, la figura del santo agnello mancava, e il pastore,
per commovere anche con quel simbolo la pietà delle sue pecore, pensò
di farcela. Fu così che i Brentani videro per diversi giorni, ne' primi dell'anno,
la parete del loro coro, durante le funzioni, coperta in alto da una piccola tenda,
da' cui lati sfuggivano certi freghi di carbone nei quali neppur la loro golpesca
finezza avrebbe potuto certo fiutare la punta di una coda o di un muso di agnello.
L'agnello si vide, intero, con la sua croce e lo stendardo attraverso la spalla,
la mattina di Sant'Antonio, la festa più solenne di Brento, che onora il protettor
delle bestie come suo titolare. Al vangelo, il prete fece il suo discorso d'occasione,
e, bravo com'è, trovandosi già nel deserto col santo abate, seppe anche
rintracciarvi, fra molti altri eremiti, quel grande eremita che vestiva di peli di
cammello, si nutriva di locuste e miele selvatico, e che esclamò vedendosi
venire incontro il Messia: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit... Così
dicendo, l'oratore volgeva come inavvertitamente la mano verso la figura dell'asside,
per attirarvi gli sguardi dei fedeli e far capir loro che cosa rappresentasse.
Quanto ad attirare sulla pittura gli occhi dei popolani, non ce n'era veramente bisogno:
dall'introibo all'ultimo deograzias i Brentani non fecero che guardare in su; con
che sugo poi per il pittore, si vide dopo la messa.
Detto messa e fatto il ringraziamento, il prete, prima di pigliare il caffè,
uscì un poco sulla piazzetta, davanti alla chiesa, per... si sa, per sentire
un po' che cosa si dicesse del suo lavoro e... coglier gli allori. Aggruppati intorno
alla porta, attraverso il cui vano si vedeva tutto l'interno, i Brentani guardavano
ancora, a bocca aperta, l'opera del loro pastore; ma quando videro arrivare il prete,
il gruppo si aperse... «Facciamo un evviva» - fu il capo del popolo che
parlò, dico il personaggio più importante di Brento la Golpe - «facciamo
un evviva al nostro signor priore che ci ha dipinto un così bel cavallino!»
Il prete rimase senza fiato. A lui gli pareva proprio di aver dipinto un agnello.
Gli pareva ed era. Come difatti i forestieri, venuti alla festa a Brento, domandarono
chi avesse fatto, nella parete del coro, quel bell'agnello che l'anno avanti
non c'era.
«Fatto, l'ha fatto il nostro prete, che voi sapete quant'è bravo, ma
un agnello non è: è un cavallo». Così rispondevano a tutti
quanti i Brentani; e un po' la compiacenza per quegli elogi al loro prete, elogi
che ridondavano anche a gloria del popolo, un po' forse l'aria di gennaio, impedirono
che il dissenso degenerasse come succede in discordia, che l'agnello, simbolo di
pace, diventasse causa di guerra.
Ma, passata che fu la festa, il prete riappoggiò la scala al muro del coro,
vi montò sopra, col suo pennello e le sue tinte, e... non crediate, no, che
desse di frego al suo lavoro: lo corresse, o per meglio dire accentuò nella
figura i connotati dell'agnello arrotondando maggiormente la testa, il collo,
la groppa, la coda, spianando di più gli orecchi, allargando la fessura dei
piedi, rendendo in tutto più mansueto, cioè più pecora e meno
puledro, il mansuetissimo animale. Finalmente, volle che la figura parlasse da sè,
dicesse da sè chi era e chi non era, e non volendo addirittura dipingergli
un be in atto di uscirgli dalla bocca, disegnò dal muso alla coda,
una per disopra alla schiena, l'altra per disotto alle gambe, due strisce o nastri
su cui scrisse ben visibili le parole di san Giovanni: Ecce agnus Dei eccetera
eccetera.
La domenica dopo, alla messa, i Brentani eran daccapo con gli occhi in su; e dopo
la messa... Dopo la messa il prete non ebbe bisogno d'uscir sul sacrato per saper
l'effetto della predica: i Brentani stessi andarono a dirglielo in sagrestia, e non
so se gli lasciassero almeno il tempo di spogliarsi... «Signor priore, »
e ridevan tutti, con un risolino di compiaciuta malizia, «vengano un po' ora
a dir che in coro non c'è dipinto un cavallo, ora che gli ha fatto anche
le briglie...» E se non era per rispetto del luogo, l'avrebbero applaudito
di nuovo, magari con più forza della prima volta.
Benchè non abbia più portato in chiesa un pennello, il prete di Brento
è celebre, anche negli altri popoli, come pittore. Più celebri, veramente,
sono, per via di quella pittura, i Brentani. «Che cosa fai, bambino?»
domandate a un ragazzetto di quelle parti intento a badar le pecore. E il birichino
è capace di rispondervi, specialmente se si trova con un compagno: «Paro
i cavalli ... A Brento le chiaman così, a Brento la Golpe...»
Imparan dai grandi, i quali ti vanno, mettiamo, dal maniscalco con una bestia da
soma, e gli dicon pari pari che quell'agnello ha perso un ferro, «oh, acciderba
ai Brentani!»
Testo tratto da: TITO CASINI, Il Pane sotto la neve, Firenze: LEF, 1935/2,
pp. 263-268.