Quand'ebbe fatto le piante, Iddio
- narra una storia, che non è però la storia sacra - chiese a ciascuna
in quale stagione volesse fiorire, volesse cioè celebrare la propria festa
spargendo al sole i propri colori.
Prima passò la Primavera... Era giovane, era bella, era tutta canti, danze,
luce, sorrisi, e la maggior parte delle piante, dalla querce al ,giglio, dal ciliegio
alla rosa, elessero a fiorire la Primavera, quando uomini, armenti, uccelli, insetti,
tutti son fuori e vedono e lodano.
Passò quindi l'Estate... Non graziosa come la sua sorella minore, bruna il
viso e le mani, l'Estate piacque tuttavia a molte piante, l'Estate sana, forte, schietta,
operosa, costante, l'Estate tutta sole, tutta sereno. E la ginestra e il tiglio e
il castagno, quasi tutti gli alberi e le erbe che non avevano scelto -temendola un
po' capricciosa - la Primavera, scelsero la bruna Estate, quando anche dalle città
gli uomini si riversano alla cam pagna, e gli armenti escon raddoppiati dalle stalle
feconde, e l'aria s'infittisce di voli per i nuovi uccelli venuti dai nidi, per i
nuovi insetti sprigionati dalle crisalidi.
Dopo l'Estate, l'Autunno... Meno vago della Primavera, meno ardente dell'Estate,
meno giovane dell'una e l'altra sorella, l'Autunno trovò ancora. dalla grecchia
al corbezzolo, dal ciclamino al crisantemo, chi gli offerse i suoi fiori: forse per
la sua ricchezza, forse per la sua dolcezza, forse per quel che di simile aveva con
la Primavera e l'Estate, l'Autunno canoro e laborioso, tutto uomini e animali per
i campi e i boschi, tutto uccelli e insetti, in partenza, per le siepi e per l'aria.
E venne infine l'Inverno... Vecchio, squallido, freddo, muto, buio, deserto, l'Inverno
non aveva nulla da piacere alle piante, come non agli uomini, non agli animali. E
tuttavia, anzi proprio per questo, ci fu una pianta che scelse per fiorire l'Inverno.
Ci fu una pianta, fra tutte, che non cercò la propria lode, che non badò
al proprio vantaggio, che non si curò d'esser guardata, ammirata, nè
dagli uomini nè dall'altre creature, e questa pianta fu la viola... Vedendo
che nessun albero, nessun'erba s'era asserbato allíInverno, la viola pensò
che nessun fiore avrebbe dunque lodato Iddio coi suoi colori e i suoi odori durante
l'ultima stagione, Iddio autor delle piante e delle stagioni. E perchè a Dio
non mancasse mai, da un estremo all'altro dell'anno, la muta lode dei fiori (come
non gli manca del tutto mai il canto degli uccelli), la viola scelse l'Inverno.
Iddio fermò con una benedizione della sua mano la scelta d'ogni pianta; ma
quando giunse alla viola, all'umile, pia, generosa viola, la sua mano ripetè
due volte il segno fecondo: e due volte ogni anno la viola ancora fiorisce.
È il primo e l'ultimo dei fiori di cui la terra s'ingioia e il nostro cuor
si rallegra fra la festa della Circoncisione e quella di San Silvestro. San Sebastiano,
con la viola in mano: e questa viola, questo primo fiore che rompe in pieno gennaio
la nudità dellíinverno, è per noi più che i mille e mille
insieme della primavera, è tutta la primavera, in immagine, lieta come la
gioia del sabato sera. E quale altro fiore è così guardato, così
festeggiato, così amato, nella ressa di colori e di odori che forma la primavera?
Per trovargli il compagno bisogna tornare alla viola: a quella, dico, della seconda
fiorita, alla viola dicembrina, alla viola di Santa Eulalia, per cui canta la Chiesa,
quindici giorni innanzi Natale:
Carpite purpureas violas
.......................................
Non caret his genialia hyems:
«Coglietele purpuree viole... giacchè l'inverno, il freddo inverno, n'è ricco ...»
Tu, invece che a santa Eulalia,
a te ignota, le hai colte a me le viole, questo mazzetto di viole che hai trovato
a piè di quel grotto più favorito dal sole... Per ringraziarti, io
che non so far le grazie, io che non sono Eulalia nè son Sebastiano, ti ho
raccontato questa storia.
Ma che cos'è la mia storia appetto al tuo dono?
Testo tratto da: TITO CASINI, Il Pane sotto la neve, Firenze: LEF, 1935/2,
pp. 79-82.