I giorni, specialmente
quelli lieti, passan presto, ed eccoci già alla seconda festa pasquale, ch'è
pur la penultima, la festa dell'Ascensione.
Si può almeno dir del tutto una festa, come la Pasqua, la prima, o la Pentecoste,
terza e ultima? Iersera, certamente, le campane terminaron col doppio anche la loro
giornata; la messa, stamattina, è di precetto, e c'è pur la cantata;
i paramenti son bianchi, c'è il vespro e c'è perfino la processione,
su al poggio... : è festa, dunque. Il desinare sarà di quelli a cui
bisogna star bene attenti che non si sconcino nè la tovaglia nè i panni,
e dopo il vespro, così l'uso prescrive, tutti sui monti a far merenda! dunque
è proprio festa. Tanto più che il mese, alta o bassa cada la Pasqua,
il mese di questa solennità è sempre maggio - e dir maggio... Festa,
dunque, e festa grande - «doppia di prima classe con ottava privilegiata»,
come lesse dal suo calendario il pievano la passata domenica - è questa dell'Ascensione.
E tuttavia, che cos'è? c'è qualche cosa giù nel cuore che gl'impedisce
di pararsi tutto a gioia, come se ne para il pievano dal manipolo alla pianeta, al
velo del calice, al piviale; qualche cosa di non lieto ché nè la merenda
nè la processione riescono a cancellare; qualche cosa.... Ebbene, come non
tutti i giorni di maggio sono ugualmente chiari, non tutti i fiori del prato hanno
il medesimo odore, non tutte le ciliegie dell'orto il medesimo gusto, neppur tutte
le feste ban la medesima allegria. C'è le feste dell'arrivo, così è
il Natale e la Pentecoste, quelle del ritorno, cosi su ogni altra la Pasqua, e c'è
quelle dell'addio, due feste fra settimana, due giovedì di primavera, due
«ultime cene», il Giovedì Santo e questo dell'Ascensione.
Come posson dunque completamente rallegrarci le belle cose di questo giorno, se la
merenda (quanto diversa dalle ribotte di prima Pasqua!) è per memoria dell'ultima
refezione a cui il Risorto prese parte co' suoi; e la processione sul poggio ripete
l'estrema andata dell'amorosa famiglia, dal luogo della refezione al luogo dell'ultimo
distacco; e la messa cantata è quel. la a cui s'estingue, a mezzo il Credo,
la gloriosa lampa pasquale, spirando in lieve nube di fumo cinque settimane di testimoniante
luce?
Cinque settimane, e già parte della sesta, sono infatti trascorse da quell'alba
unica e sola che la vegliata roccia si aperse, e Cristo, da tre giorni perduto, Cristo,
andato al regno dei morti, ci ritornò Emmanuele, Dio-con-noi: cinque settimane
di non interrotta allegrezza, come una sola lunga domenica (rispetto a cui la Quaresima
c'era parsa un altrettanto lungo sabato), senza le vespertine tristezze del dì
che rimuore. Vero che chi l'avesse bene osservata la lucida lancia, testimone per
quaranta giorni gioconda dell'Iddio-con-noi, l'avrebbe vista qualche volta tremare,
in cima, e tremar forte, come una fiamma che il vento prova di spengere, mentre accosto
a lei, e quasi nel suo riflesso, ci venivano lette le parole del Ritornato.
Erano le parole, che la facevano instabile, con le quali il Ritornato annunziava
già, a poco a poco - come si annunziano le cose che affliggono - la sua nuova,
non lontana, necessaria separazione dalla vista de' suoi. Venti giorni erano appena
passati da quella sera ch'egli c'era apparso, d'improvviso, nel chiuso Cenacolo,
dicendo « Son io», quando già, fra gli alleluia della terza domenica,
si sente, nel principio del vangelo, questo discorso: «Ancora un poco, e non
mi vedrete più... perchè vado dal Padre ». Viene, fra tutt'altri
pensieri, quell'altra domenica, e daccapo quella santa voce: «Vado da colui
che mi ha mandato... Bisogna proprio che vada, perchè sennò non può
venire il Consolatore, chè ve lo devo mandar io...». Arriva anche la
quinta, e troppo si sente che quella è l'ultima domenica che si passa insieme,
che quelli son discorsi d'addio! «Qualunque cosa chiederete al Padre in nome
mio, state certi di averla... E non vi dico nemmeno che lo pregherò per voi:,già
di suo il Padre vi ama perchè voi avete amato me e creduto ch'io venivo dal
Padre... Per questo appunto, che son venuto dal Padre, bisogna che ora lasci il mondo
e ritorni al Padre...». E il colore dei paramenti in questi ultimi tre giorni,
il colore della viola, o della penitenza, dimesso già con la Quaresima e ripreso
ora per le Rogazioni, pareva anche esprimere il nostro duolo di uomini per tal vicina
partenza.
«Gente di Galilea, che state voi a guardare in cielo?...» La messa di
stamani ci porta già, dall'introito, dinanzi al fatto bell'e avvenuto, quasi
per risparmiarci lo strappo dell'addio o per rendercelo meno amaro aggiungendoci
subito l'altre parole degli angeli: «...Come l'avete visto salire ai cielo,
tale e quale ritornerà. Alleluia! alleluia! alleluia!» Ma la lezione,
poi, di Luca e il vangelo, di Marco, ci permettono di stare un altro po' insieme
e di accompagnarlo, infine, sino al posto dell'addio.
Nessun di loro s'era allontanato dalla città, dov'egli stesso aveva detto
che restassero, e si trovavano tutt'insieme intorno alla Madonna nel Cenacolo, ch'era
ormai la loro casa comune, a mangiare un boccone, quand'egli d'improvviso apparve,
e sedendosi in mezzo ad essi, si fece ancor una volta ]or commensale.
Era dunque l'ultima volta (da quella innanzi egli sarebbe stato soltanto, a ogni
lor volere, loro cibo e bevanda) e le sue ultime parole, il suo testamento, risuonarono
nell'attonito silenzio che aveva arrecato il suo arrivo: «Andate per tutto
il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura... Chi avrà creduto e sarà
stato battezzato sarà salvo; chi poi non avrà creduto sarà condannato...
Or questi segni accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno
i demoni, parleranno lingue nuove, maneggeranno serpenti e se avran bevuto qualche
veleno non gli farà male; - imporran le mani agl'infermi e guariranno...».
Stretti più che mai intorno a lui, dacchè parlando s'era alzato, s'avvicinavano
ora verso l'uscita della città, e le parole soltanto, ch'egli continuava a
dire, dolci e paterne parole nella ripetuta promessa d'inviar loro senza troppo indugio
il Consolatore, impedivano ad altri ricordi così tristi quanto recenti, di
turbar quel congedo... Eccoli fuori della porta, nella valle che vedrà l'ultimo
ritorno; eccoli di là dal Cedron, su per il monte degli ulivi; ancora un po'
di strada, ed eccoli sul territorio di Betania... Lazzaro, il risuscitato, non accoglierà
più nella sua casa la Risurrezione, non albergherà più come
a' bei tempi, l'amico, nè Marta potrà più affaccendarsi per
l'ospite in favor del quale già si affaccendano gli angeli, nè Maria
più indugiarsi a contemplar quello che il Padre ha voglia di riabbracciare
nei cieli. Il viaggio prosegue su per il monte, fra un muto nevicar di petali dai
cespugli fioriti. - S'io non vado, - par che staccandosi ripetano, a modo loro, le
bianche, le rosse, le azzurre, le dorate faldelle ai rami piangenti il loro ornamento
- s'io non vado, la vostra gioia non diverrà piena... Davver davvero è
necessario per voi ch'io me ne vada... - Sono ormai in cima. È mezzogiorno,
l'ora dell'Angelus: Angelus Domini nuntiavit Mariae, - et concepit de Spiritu
Sancto... Et Verbum caro factum est, - et habitavit in nobis... Anzi, no, non
è questa l'antifona che oggi va detta, l'antifona propria del tempo pasquale.
Regina coeli, laetare, alleluia! quia quem meruisti poriare, alleluia! resurrexit,
sicut dixit, alleluia! L'antifona è questa, ma come fare a dirgliela oggi,
a dirle che stia contenta, ora che il risorto Figlio nuovamente la lascia? ... Ecco
che la sua bocca s'è chiusa, ecco che le sue braccia, com'ali d'aquila, s'allargano,
ecco che i suoi piedi cessan di premer la terra... Sacrista, spengi pure il Cero:
i cantori, dopo quella scalata di note che ha messo a dura prova la loro voce, già
si riposano, in alto, nel sedet ad dexteram Patris (e chi avesse l'anima meno
sorda già sentirebbe, ricordandosi dei primi vespri, le parole primissime
di Cristo, appena giunto, al Padre, parole di un ambasciatore che riferisce al sovrano
la sua adempiuta missione, parole di un richiamato che lasciò giù in
terra la sua più cara famiglia. Pater, manifestavi nomen tuum hominibus
quos dedisti mihi; nunc autem pro eis rogo... quia ad te venio...).
Gli occhi appuntati contro il cielo, le piante erette e le braccia tese quasi ad
afferrare e trattenere il fuggente...: così erano ancora i discepoli allorchè
due bianchi personaggi venner loro incontro, dicendo: «Gente di Galilea, che
state voi a guardar su in cielo? Quel Gesù che il cielo vi ha preso, tale
e quale ritornerà come l'avete visto salire...». Ed essi, «dopo
averlo adorato», dopo aver baciato sulla pietra l'ultime due orme, rimastevi
mirabilmente impresse, del viaggio di Dio sulla terra, ripartiron lieti, cum gaudio
magno, per Gerusalemme. Pietro soltanto pareva aggravato di pensieri; il suo
andare, quasi gli fosse tutto a un tratto cascata addosso la vecchiaia, pareva quello
di un uomo che abbia un peso immenso, indeponibile, sopra le spalle. Ma si appoggiava,
per aiuto, ai compagni, e tutti insieme pregavano - era l'ora dei vespri - con gli
stessi sentimenti, se non pure con le medesime parole, con le quali noi preghiamo,
terminando i vespri dell'Ascensione «O Rex gloriae, Domine virtutum, qui
triumphator hodie super omnes caelos ascendisti:... non ci lasciar quaggiù
orfani, ma inviaci il promesso del Padre, lo Spirito di verità. Alleluia!»
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